giovedì 12 gennaio 2012

Old Boy di Park Chan-wook - Corea del Sud 2003





BREVE INTRODUZIONE

Oldboy è un’icona della “New Wawe Coreana“ ed il suo successo è dovuto ad alcuni fattori di cui si dirà nel seguito. Come prima cosa è utile collocare il fenomeno della New Wawe nel contesto politico, culturale ed industriale che lo ha determinato.

Con “New Wawe Coreana“si intende l’insieme delle produzioni cinematografiche che a partire dalla fine degli anni ’90 ha caratterizzato l’industria cinematografica sudcoreana per circa un decennio. “Da una prospettiva più ampia, si potrebbe sostenere che lo sviluppo più sorprendente di tutto il cinema asiatico nel decennio 1998-2008 è stata la nascita di un cinema coreano vario e commercialmente formidabile laddove in precedenza l’industria cinematografica era debole ed i film venivano raramente esportati in altri paesi”[1]. I cambiamenti che hanno reso possibile tale rinascita possono essere fatti risalire alla metà degli anni ’80 e sono legati al passaggio della Corea del Sud da regime politico dittatoriale a democrazia.

Fino ai primi anni ’80 esisteva una doppia censura: una sulle sceneggiature ed una sul prodotto finito; questa situazione limitava gravemente la creatività dei registi. Era inoltre illegale il cinema indipendente in quanto le produzioni erano conglomerate in poche grandi società autorizzate. Vi era poi il sistema delle quote che obbligava alla produzione di un certo numero di film per poter importare film stranieri; questo portava spesso a prodotti di scarso valore.

Dalla fine del 1984 una serie di riforme modificò radicalmente la materia delle produzioni cinematografiche liberalizzando l’accesso il che determinò l’inizio di attività per nuovi produttori che entravano nel mercato. Con la riforma costituzionale del 1987 e col primo successivo governo civile nel 1992 la Corea del Sud intraprese il cammino della promozione attiva della propria industria cinematografica.

Un aspetto controverso fu l’apertura, nel 1987, alla concorrenza. Rimase in piedi solo un sistema di quote per le sale (non sempre rispettato) ma il progressivo aumento delle importazioni portò alla crisi il cinema coreano. Da una percentuale di incassi del 51,3% per le produzioni locali nel 1982 si arrivò al 15,9% nel 1993. Da allora gli sforzi della nuova generazione di produttori con gli investimenti dei grandi conglomerati coreani (Daewoo, Samsung, ecc) entrati nel mercato cinematografico all’inizio dei ’90 produssero importanti ed organizzate attività finalizzate ad incoraggiare la nascita di uno star system, aumentare i budget, investire maggiormente nella promozione.

La crisi finanziaria del 1997 ritrasse i grandi conglomerati dagli investimenti nell’industria cinematografica ma quelli furono presto sostituiti da medie compagnie di produzione ed un nuovo cinema iniziò ad apparire nel paese.

Nel 1996 inizia il Pusan International Film Festival che diventerà il più importante festival cinematografico dell’estremo oriente.

Negli anni 1996-2000 una nuova generazione di registi inizia ad operare. Ciò che caratterizza, in termini di stile, la nuova epoca è la sperimentazione sui generi intrapresa da molti di questi nuovi registi. Mentre in precedenza la caratterizzazione di genere era una sorta di obbligo, dalla seconda metà dei ’90 diviene sempre più difficile incasellare in un solo genere i film prodotti.

Per dare un’idea della rilevanza del fenomeno della New Wawe Coreana si consideri che la quota di incassi di film nazionali in Corea del Sud dal 15,9% del 1993 (il livello più basso mai raggiunto) arriva al 50% nel 2001 ed al 64% nel 2006.

Il 1999 vide l’uscita di quello che viene definito il prototipo del blockbuster coreano: Shiri di Kang Je-gyu, un film d’azione e melodramma con implicazioni politiche, che narra del tentativo, perpetrato da un gruppo di agenti della Corea del Nord, di assassinare il presidente della Corea del Sud in occasione di una partita di calcio amichevole fra le due Coree. Si tratta di un evento politico di tutto rilievo perché i “cattivi” vengono rappresentati con umanità, un autentico evento per un film coreano. Nel passato situazioni simili erano costate il carcere al regista (come per Lee Man-hee nel 1966 per il film Seven Women Prisoner).

Il successo di Shiri fu maggiore di qualunque altro film di successo del passato. Vendette 6,2 milioni di biglietti. Da quel momento assunse rilevante importanza la tematica della separazione di una nazione in due stati, attraverso un filone cinematografico che assegnava alla spartizione il ruolo di causa di una società non desiderabile e sostenendo in tal modo il desiderio popolare di riunificazione fra le due coree.

Nel 2000 uscì Joint Security Area, terzo film di Park Chan-wook al momento regista quasi sconosciuto, che eguagliò il successo di Shiri. Fu un evento culturale e politico. La trama è incentrata sulle ostilità fra nord e sud che scoppiano in una zona di confine, il villaggio di Panmunjom. L’indagine sull’accaduto porterà a scoprire che un gruppetto di soldati del sud fraternizzava con un gruppetto di soldati del nord prima dello scoppio delle ostilità. Il film, che nella rappresentazione del “nemico” va oltre Shiri, vendette un numero di biglietti di poco inferiore a quest’ultimo.

Oldboy uscì nel novembre 2003. ”Oldboy di Park Chan-wook era liberamente tratto da un manga giapponese e riusciva a raggiungere una sintesi fra stile filmico, interpretazioni intense, slancio narrativo, violenza high-concept[2], umorismo macabro, che lo contraddistingueva nettamente dagli altri film coreani”.[3] Dopo la sua consacrazione a Cannes l’anno successivo, dove conquistò il Gran Premio della Giuria, divenne una sorta di leggenda. E’ probabilmente il film più conosciuto del decennio fuori dall’Asia.



[1] Darcy Paquet “Il cinema sudcoreano 1999-2008” in “Far East: dieci anni di cinema” – Centro Espressioni Cinematografiche Udine – 2008, pag. 160

[2] Spesso, per catturare il favore del pubblico, la produzione punta su premesse narrative di forte impatto emotivo. Si dice allora che il film è high concept (letteralmente: «idea forte») - ndr.

[3] Darcy Paquet “Il cinema sudcoreano 1999-2008”, cit., pag. 190



SINOSSI

Nel 1988 Oh Dae-soo viene drogato e rapito di fronte alla propria abitazione. Poco dopo capisce di essere stato condotto in una prigione privata. Le persone che lo hanno rinchiuso gli mettono a disposizione cibo, acqua e televisore. Dae-soo guarda le ultime notizie e scopre che la sua amata moglie è stata brutalmente assassinata e che la polizia lo sospetta dell’omicidio. Giura dunque solennemente di sopravvivere al lungo tormento che lo attende per vendicarsi dell’uomo che ha distrutto la sua vita felice. Dae-soo si abitua gradualmente all’oscurità della cella allenando la mente e il corpo. Si copre di tatuaggi, segno evidente del tempo che ha trascorso in prigione. Un giorno, viene drogato nuovamente e quando si sveglia realizza di essere stato liberato, 15 anni dopo il suo rapimento. La sua ragione di vita ora è scoprire chi è dietro a tutto ciò e perché.

DATI

Regia Park Chan-wook

Sceneggiatura Hwang Jo-yoon, Im Joon-hyung, Park Chan-wook

Storia originale Tsujiya Garon, Minegishi Nobuaki Fotografia Jung Jung-hoon

Montaggio Kim Sang-bum

Musica Cho Young-wook

Costumi Cho Sang-kyung

Interpreti Choi Min-shik, Yu Ji-tae, Kang Hye-jung

Produttore Kim Dong-joo

Produttore esecutivo Kim Jang-wook

Produzione ShowEast, Egg Films

Distribuzione internazionale Cineclick Asia

Distribuzione italiana Lucky Red

Corea del Sud, 2003, 35mm, colore, 119’

PREMI

Festival di Cannes 2004: Grand Prix Speciale della Giuria

Sitges 2004: Maria Award (miglior film), José Luis Guarner Award (miglior film della critica)

British Independent Film Awards 2004: miglior film straniero

Asia Pacific Film Festival 2004: miglior regista (Park Chan-wook), miglior attore (Choi Min-sik)


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

Darcy Paquet “Il cinema sudcoreano 1999-2008” in “Far East: dieci anni di cinema” – Centro Espressioni Cinematografiche Udine - 2008

Hyangjin Lee “Il cinema coreano contemporaneo” – Edizioni ObarraO – 2006

Marco Dalla Gassa e Dario Tomasi “Il cinema dell’estremo oriente” - UTET 2010.

Sinossi e dati tratti da http://www.cinemacoreano.it


Giuseppe Esposito

Gruppo Cinema Arsenale Rosebud












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