lunedì 29 aprile 2013

giovedì 2 maggio - America 1929: sterminateli senza pietà



America 1929: sterminateli senza pietà”. (Boxcar Bertha)
Regia: M. Scorsese
USA, 1972, durata: 87 m., colore


Trama:
Boxcar Bertha (B.Hershey), una ragazza sconvolta dalla morte del padre in un incidente sul lavoro, si unisce a un sindacalista (David Carradine) e a un giocatore d’azzardo (Barry Primis) con i quali condivide una vita da vagabonda e da fuorilegge nelle campagne americane impoverite  dalla grande depressione del ’29. L’altra faccia, ribelle e non metropolitana, dell’America degli anni Trenta in un film duro e avvincente. Dal romanzo autobiografico di Bertha Thompson, “Boxcar Bertha”, è una delle prime regie di Scorsese, che già mostra tutte le sue qualità e che appare brevemente come cliente del bordello.” (dal Mereghetti).

Scorsese non ha bisogno di presentazioni: è un regista che ha fatto e continua a fare la storia del cinema. Già realizzatore di molti capolavori, è conosciuto in tutto il mondo.
“Boxcar Bertha” è il film che precede “Mean streets”. E’ il suo secondo lungometraggio. In quel periodo era in contatto con Roger Corman e la sua factory, addirittura avrebbe dovuto essere il sequel del film girato dallo stesso Corman: “Il clan dei Barker”(1970).
L’opera richiama sullo sfondo quella crisi che sconvolse gli equilibri  di allora: l’America, infatti, si popolò di vagabondi che cercavano un lavoro occasionale per sfamare loro stessi e la propria famiglia, ma si popolò pure di disperati pronti a tutto, di sindacalisti arrabbiati, di avventurieri per cui ogni espediente era buono per sopravvivere. Aumentò di conseguenza la criminalità e anche la violenza. Si accentua ovviamente e a volte si radicalizza lo scontro sociale facendo emergere non tanto un odio classista ma un odio razzista. Non a caso i protagonisti sono, (secondo il rozzo linguaggio dell’autorità istituzionale): una donna, cioè una puttana, uno “sporco negro” e un comunista.
L’anno in cui è stato girato il film  è il 1972, rientra in quel periodo in cui un critico e giornalista americano, A. Madsen, ipotizza la nascita di un nuovo cinema americano; ipotesi poi ripresa in Italia da Franco La Polla (altro critico cinematografico, profondo conoscitore del cinema americano). Il periodo considerato comprende gli anni che vanno dal 1967 fino al 1975. E’ un momento straordinariamente prolifico, s’accentuano ricerca e sperimentazione, cresce d’importanza il cinema indipendente, sempre più presente anche nelle sale di prima visione, di cui ricordo, che Corman è stato grande protagonista in tutti i sensi, soprattutto come produttore, oltre che come regista. Si cerca un nuovo linguaggio cinematografico non dimenticando però al contempo l’insegnamento dei classici.
Quali sono le caratteristiche del nuovo cinema americano ?
 Prima di tutto è un cinema di “movimento”; si predilige l’azione, azione che insegue la realtà nel suo farsi, si gira in campo aperto, nelle campagne, nei meandri della metropoli, è un vero e proprio girovagare per cogliere le istanze della realtà. Il paesaggio, le strade metropolitane, il territorio diventano il nuovo campo di “battaglia”, bisogna uscire dagli studios per conoscere la realtà. Ma non sempre questa ricerca è adeguata, tanto che parte di questo cinema  verrà considerato addirittura iperrealista. Infatti il sesso e la violenza vengono esibiti spudoratamente, atto quasi provocatorio. Si potrebbe affermare che viene teorizzata una vera e propria “poetica della violenza”, di fatto poi trasformata in atto estetico. Da qui, nel futuro, tutto il cinema americano ne sarà influenzato, fino al cinema di Tarantino (anche se in Tarantino l’ironia e lo sberleffo irriderà ogni qualsivoglia estetizzazione). Una violenza individualista, narcisista, spesso barocca che vuole con forza e rabbia sganciarsi dalle istituzioni, dall’autorità politica, da un mondo culturale e sociale ritenuto ormai corrotto, ipocrita e superato: ribelli senza causa dunque, ancora ? Non proprio, perché, ora, ciò che conta è l’affermazione di sé anche contro tutti, in qualsiasi modo, a qualsiasi costo.
Cinema quindi in cui il protagonista cerca una nuova identità: esaltazione dell’individualismo. D’altronde la stessa protagonista del film in questione Bertha Thompson, pur essendo vittima del sistema, è una ribelle quasi per forza, di fronte all’ingiustizia del capitale che uccide suo padre, ma nonostante l’amore e l’amicizia per un sindacalista, non riesce a formarsi una vera e propria coscienza del come si trovi in mezzo a un ingranaggio, che per lei risulterà fino alla fine incomprensibile. Non raggiungerà la consapevolezza di capire quali sono le cause del suo stato. Rimane e rimarrà una sradicata, un’anarcoide, una criminale a suo modo innocente, che cerca comunque di affermare la propria libertà anche con la violenza. Lotta contro e rifiuto delle istituzioni anche perché spesso loro stesse violente fino al sadismo, rifiuto ancora dell’ ipocrisia borghese. In generale, in questo periodo nonostante le proteste di Berkeley, i movimenti, molti autori, anche quelli già affermati come per esempio Altman o Arthur Penn, Peckinpah o Aldrich, non criticano il sistema, se non in modo indiretto, ne colgono alcune contraddizioni ma senza denunciarle: insomma non si afferma un vero e proprio cinema politico: prevale ancora lo spirito libertario e individualistico: al massimo si sceglie la fuga (vedi “Easy Rider”).
Lo stile: si predilige un montaggio con un ritmo incalzante, spesso nevrotico, vorticoso, soprattutto nelle sequenze drammatiche. Tuttavia il ritmo all’occorrenza sa dilatarsi, distendersi spesso nei piani-sequenza. Viene ripresa la dissolvenza incrociata, atto pensoso, e con essa angolazioni ardite, inquadrature sghembe, passaggio di mascherine. Si usa molto spesso la camera a spalla (anche in questo film) che ci restituisce l’idea di un certo dilettantismo specializzato. A volte è uno stile  mutuato dalla televisione ( non a caso in questo periodo c’è una grande concorrenza con la produzione televisiva e molti autori tra cui lo stesso Altman ci hanno lavorato, vedi la serie “Bonanza”) e infatti lo zoom viene spesso usato. Uno stile che regnerà nel B-movie (vedi Corman) fino alla nascita di un genere soprannominato “exploitation”, dove diventa importante anche la velocità delle riprese, per girare film a basso costo a volte degenerante fino alla pseudopornografia (vedi Russ Meyer) e alla violenza più splatter di un cinema che veniva proiettato nei drive-in o nelle grindhouse.
Insomma il film in questione rinvia e si integra perfettamente all’interno di questo periodo del nuovo cinema americano, da cui però  Scorsese in seguito si dimostrerà e, a partire dalla propria biografia, svilupperà un cinema personale ed autoriale di grandissimo spessore e rilevanza.


Gruppo Cinema Arsenale Rosebud
Paul Zilio

 

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