lunedì 25 maggio 2015

vi aspettiamo numerosi per questo importante appuntamento



EVENTO ORGANIZZATO DA LIBRERIA UBIK in collaborazione con PORTE APERTE OSTERIA MANISCALCO


Entrata libera

in caso di maltempo la presentazione si svolgerà presso Libreria Ubik
per maggiori info contattare 0423 721254.

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La piccola Antonia cresceva a Padova insieme ai fratelli Gianni e Paola in una famiglia dove coesistevano la cultura armena e quella italica. Il padre Khayel dai “grandi occhi orientali”, aveva sposato Vittoria dagli “occhi ombrosi”, romana di dieci anni più giovane di lui. La donna, alta, affascinante e intrigante “camminava con passo spavaldo, facendo ondeggiare le gonne, seminando ordini, consigli, suggerimenti, carezze”, aveva avuto tre figli in cinque anni. Antonia amava il profumo della sua mamma che sapeva di fieno e di sole, di uva matura e di albicocche.
Vittoria parlava un gergo veneto-romano, aveva studiato in Inghilterra due anni presso un collegio di suore, dove aveva imparato perfettamente inglese e francese. Durante la II Guerra Mondiale la famiglia di Antonia si era trasferita da Padova in campagna nella Riviera del Brenta, nella bella villa vicino Dolo del nonno Yerwant. Il nonno “vero gentiluomo orientale” era stato il faro che aveva illuminato l’infanzia di Antonia.

“Potevo stare tranquilla nella sua ombra che mi proteggeva come un albero grande”.

Il nonno, con la sua voce bassa e vibrante raccontava all’amata nipote la sua infanzia nella perduta Armenia, tante storie dai tanti colori della terra dei meloni giganteschi e dei grappoli grandi. Queste storie sarebbero rimaste dentro la futura scrittrice “nascoste e vigili e protette nel loro cassetto segreto”.

Antonia, che da grande voleva fare la cantante e l’archeologa, aveva scoperto il magico e infinito mondo della lettura, per lei i libri erano esseri viventi e senza di essi non si può vivere. Per questa intelligente bambina il cui padre aveva preconizzato un futuro da studiosa e insegnante all’Università, la felicità consisteva nel leggere senza essere disturbata nella luce radente di un pomeriggio d’agosto.

“Il titolo del libro si richiama all’immagine di quei bar di paese, dove all’entrata c’era spesso una tendina di perle oscillanti per non fare entrare le mosche”.

Il ricordo di questo piccolo rumore ha riportato Antonia Arslan alla sua infanzia, alla sua famiglia, armena e “di origine italiana di mia madre”. Grazie a una prosa colloquiale e appassionante il lettore viene condotto nelle storie e nelle vicende familiari che vanno dalla II Guerra Mondiale fino agli anni Sessanta. Mia madre “era una persona particolare, un po’ lunatica, talvolta difficile ma dotata di un’energia travolgente e non si è mai fermata di fronte a nessun ostacolo della vita”. A cento anni dal genocidio del popolo armeno avvenuto nel 1915 in Turchia per mano dei “Giovani Turchi”, l’autrice dopo “La masseria delle allodole” (2004), storia di un gruppo di armeni residenti in Anatolia (l’attuale Turchia) vittime dei rastrellamenti organizzati dal governo turco, e dopo “La strada di Smirne” (2009) quando nel primo dopoguerra venne devastata la città turca, torna a raccontare del popolo armeno ma questa volta in modo personale. Il rumore delle perle di legno è dedicato “A Vittoria, la mia stella capricciosa”.


Alla scrittrice e saggista va il merito di aver portato all’attenzione del pubblico la dolorosa vicenda del popolo armeno. Infatti dopo la pubblicazione de “La masseria delle allodole”, divenuto nel 2007 film con la regia dei fratelli Taviani, sono usciti molti libri storici e saggi sulla questione armena.

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