giovedì 17 febbraio 2011

Un tranquillo week-end di paura - 17 febbraio 2011

Un tranquillo week-end di paura. (Deliverance)

Regia: J. Boorman

USA, 1972, durata: 109 minuti, colore.

Protagonisti: Lewis (Burt Reynolds), Ed (Jon Voight), Bobby (Ned Beatty) e Drew (Ronny Cox).

Ritrovo alcune analogie tra Boorman e Kubrick anche attraverso il chiasmo biografico per cui l’uno è londinese e frequenta Hollywood mentre l’altro è newyorkese e vive a Londra. Sono entrambi ossessionati, il loro cinema è ricerca, anche se partono da dei presupposti molto diversi. Oltre che essere degli artisti nel pieno senso della parola sono degli intellettuali, non ci sono dubbi, il loro investimento emotivo e intellettuale nella rappresentazione filmica è maniacale: si mettono costantemente in gioco. Ma tanto Kubrick domina il progetto, quanto Boorman se ne lascia, a volte, dominare, come trascinato in una sorta di incubo. (Vedi film molto interessanti ma discontinui come Excalibur, Zardoz o Duello nel Pacifico per esempio).

Invece in questo caso ci troviamo di fronte ad una regia che nella sua linearità e fluidità ci restituisce una storia che, pur scorrendo in superficie, affonda spesso nel gorgo dell’incubo in modo assolutamente efficace e coinvolgente. La stessa natura delle riprese d’altronde, nella sua sperimentazione e pericolosità, evidenzia la ricerca maniacale del punto di vista più estremo che significativamente esalta il contrasto uomo-natura. Una prova, un viaggio iniziatico, una discesa negli inferi, un azzeramento della civiltà in cui l’uomo cerca il mito, l’illusione di poter rivivere ciò che hanno provato i primi coloni quando si sono inoltrati nel mondo nuovo. Invece i protagonisti saranno assediati dalla miseria, dall’abbruttimento degli abitanti, (dei montanari gozzuti al limite del cretinismo per una sorta di tabe ereditaria), da una natura incontaminata ma ostile e pericolosa e soprattutto indifferente alle peripezie a cui saranno sottoposti. Fuor di metafora uno di loro, Bobby, sarà sodomizzato sotto gli occhi impotenti e sgomenti di Ed.

La violenza scaturisce con tutta la sua forza ponendo, di fronte a questi borghesi avventurieri, una questione morale che tutto sommato rimarrà, nella sua emergenza, irrisolta. Loro stessi per forza di cose sono stati trascinati nell’abbruttimento a cui la natura stessa li ha condotti, dove si lotta per la propria sopravvivenza e si deve fare i conti con le proprie “risorse” più profonde e a volte inconfessabili.

“Quattro i personaggi: l’intellettuale-artista-democratico (Ronny Cox), l’edonista generico e grasso (Ned Beatty), il fusto macho londoniano (Burt Reynolds) che sogna il rinvigorimento attraverso il rapporto con la natura e la violenza, e infine l’uomo qualunque, il portavoce dello spettatore generico, il middle-classe senza destino(Jon Voight).”

Nella discesa del fiume, i quattro personaggi scoprono di fronte all’aggressione della natura le loro vere carte. L’artista è minoranza dalla morale in definitiva suicida e inattiva. Il macho naturista è fascismo, punito nella mutilazione fisica, nell’impotenza. L’edonista è inculato. E mister Ognuno riscopre l’impossibilità della salvezza, la colpa, la notte in cui il lago artificiale della società riporta a galla le mani e gli incubi della morte e del profondo.

Le croste ideologiche ricevute si frantumano, e lo strato liscio di tranquillità e sicurezza che alla fine le ricoprirà sarà fittizio e irreale.

In definitiva, nonostante la prova, i sopravvissuti che cosa hanno imparato ? Sicuramente la loro superficialità è stata scalfita, ma da che cosa ? Dai sensi di colpa ? Il cinema di Boorman non è mai pacifico e risolutivo, ci lascia di fronte a delle questioni problematiche e a volte assai inquietanti.

Paul Zilio
Gruppo Cinema Arsenale Rosebud

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