domenica 15 novembre 2009

Il disco volante

Regia: Tinto Brass

Italia, 1965, durata 94 minuti, b/n

Interpreti principali: Alberto Sordi, Monica Vitti, Eleonora Rossi Drago, Silvana Mangano.continua»

Genere: commedia.

Qualcuno potrebbe pensare, non conoscendo la biografia di Tinto, che “c’azzecca” questo regista in questa rassegna ? Eppure nella sua ormai cospicua filmografia , i suoi primi lavori avevano un carattere sicuramente anarchico (vedi “Chi lavora è perduto”) e avevano uno spirito di rivolta, di rabbia e di rifiuto di ogni stabilizzazione sociale, ideologica e istituzionale che lo faceva apparire diverso da tutti gli altri esordienti di quel periodo, anche se Goffredo Fofi nel 1966 affermava “… i Brass ed altri che dimostrano la loro vuotezza e la loro profonda mancanza di un discorso convinto da tentare, scialbi pseudoautori quali sono, pronti ad ogni copertura ideologica per mascherare la loro mancanza di scrupoli…”procacciandoci” (n.d.r.) divagazioni progressiste-democratiche o esercitazioni di bello stile…”.

Ma questo film, secondo lungometraggio, appartiene ancora alla prima fase suddetta, ed è un’opera di tutto rispetto, per molti versi inquietante e profetica, per altri dotata di umori e di uno stile sconosciuti nel panorama della commedia. Nel 1966 la svolta, la carriera segue un suo cursus produttivo che mostra un assorbimento totale del regista nella sfera erotica fino agli estremi sado-masochisti del porno-soft. Però l’autore in “stricto sensu”, non è certamente uno sprovveduto, in quanto ottimo professionista (vedi: “L’urlo”, “Dropout”, “Salon Kitty”, “La vacanza”, “La chiave”, “Snack Bar Budapest”), anche se il suo impegno scema fino alla trivialità più gratuita.

Perché l’inserimento di quest’opera nella rassegna sul territorio “Veneto in film” ? Prima di tutto perchè è un film che ci riguarda da vicino, in quanto è stato girato ad Asolo e nella campagna circostante; alcuni luoghi si possono riconoscere ancora oggi chiaramente, a volte invece lo sfondo risulta sfumato e poco definito.

Alcune battute e rilievi sul malcostume veneto ricordano il film di Germi “Signore e signori”; il disco volante è una grottesca satira sull'arretratezza di un'Italia provinciale dedita all'alcolismo e sulla sua assenza di moralità in tutte le classi sociali, dalla nobiltà decadente alla borghesia ipocrita e perbenista.

Il film è stato prodotto da Dino De Laurentiis il quale, dopo aver sottoposto la sceneggiatura di Rodolfo Sonego a maestri come Michelangelo Antonioni e Mario Monicelli, volle mettere alla prova il giovane regista veneto per la prima volta alle prese con una produzione non indipendente.

Da sottolineare l’interpretazione di Alberto Sordi (non sempre credibile come carattere veneto), che qui impersona ben quattro personaggi.

Trama: un disco volante plana in un paesino, e il brigadiere dei carabinieri deve interrogare vari testimoni; tra questi una contadina piena di figli che è riuscita a catturare un marziano “vendendolo” al proprio padrone. Il marziano viene ucciso dalla madre dell’uomo che viene poi spedito in manicomio. L’interrogatorio convince il carabiniere che nulla è accaduto e che tutti sono dei visionari.


Gruppo Cinema Arsenale Rosebud

Paul Zilio

1 commento:

uz ha detto...

Questo film non mi è affatto dispiaciuto! A costo di apparire a tutti i costi un pasionario delle letture alternative azzardo alcune considerazioni.

Apparentemente il Disco Volante di Tinto Brass non è un film risolto, addirittura slegato. Il film sembra si sviluppi su due piani narrativi diversi che corrispondono a due registri stilistici che non comunicano fra loro: il piano del documentario, della inchiesta gornalistica, a cui è affidato il compito di creare il "milieu"; il piano più prettamente cinematografico, legato in tutto e per tutto al genere "commedia all'italiana".
Il film sembra viaggiare su due binari distinti che non trovano mai una convergenza. Una sorta di decoupage, di fotomontaggio filmico, che in qualche modo sterilizza e aliena i linguaggi di cui cinicamente si serve. Oppure li prende alla lettera, al punto di oggettivarli, astrarli e renderli funzionali alla estrema banalizzazione (ironica?) del messaggio etico che i marziani avrebbero consegnato all'umanità. Un messaggio di tale disarmante banalità da non poter essere creduto da alcuno né dentro né fuori la finzione, a partire dall'autore stesso del film.
Un cinema astratto e concreto al tempo stesso, secondo le mode artistiche neoavanguardiste del tempo.
Veramente un cinema pop, come poteva essere un pop italiano!